Finora abbiamo parlato sia di location al chiuso, come case o singole stanze, sia di scenografie all’aria aperta, quali i giardini; tuttavia, anche questi ultimi sono luoghi circoscritti all’interno di un perimetro. Esiste, invece, un’altra categoria: gli spazi aperti, urbani o naturali, che sembrano estendersi senza confini. La Toscana vanta tantissimi paesaggi mozzafiato, diventati lo sfondo di film di calibro internazionale. In particolare, il suggestivo territorio della Val d’Orcia, un’ampia valle in provincia di Siena dove si trovano molte delle nostre location, è stato riscoperto dai turisti anche grazie alla visibilità datagli da grandi produzioni cinematografiche. Tra queste, non si può non citare Il Gladiatore, un vero e proprio colossal girato nel 1999 tra gennaio e maggio, interpretato dall’attore Russell Crowe e diretto da Ridley Scott. La splendida campagna della Val d’Orcia è stata la protagonista delle scene ambientate nei Campi Elisi, nella Località Podere di Terrapille, vicinissima a Pienza. Il luogo è diventato un po’ il simbolo del film e molti appassionati lo cercano per fare uno scatto nella stessa posizione evocativa. La casa dove vive la famiglia di Massimo (il Gladiatore) è il “Podere di Poggio Manzuoli”, nel comune di San Quirico d’Orcia. Ma come è avvenuta la scelta della Val d’Orcia come location da parte della troupe? Ce lo svela Elisabetta, amica dello scenografo e art director del film.
Mi chiamo Bebetta Campeti e ho conosciuto la Val d’Orcia alla fine degli anni ’70, quando il mio primo ragazzo, che era di Montepulciano, mi ci portava in vacanza. All’epoca era un luogo fuori dal tempo, con panorami mozzafiato di nude colline coperte di grano, punteggiate da oliveti e vigneti, e strade serpeggianti costeggiate di filari di cipressi, che s’intrecciavano armoniosamente con le opere d’arte disseminate sul territorio: pievi di campagna e grandi chiese romaniche, monasteri con affreschi preziosi, e borghi arroccati su ogni colle, per le cui strade camminavano quasi solo i vecchi del paese e rari turisti colti del Nord Europa.
All’inizio degli anni ’90 ho comprato un casale in Val d’Orcia con il mio neo-marito. Una mia cara amica era fidanzata con l’art director de “Il Gladiatore”, Arthur Max, con cui passavamo le vacanze a Capalbio in attesa della ristrutturazione di casa nostra, un progetto pionieristico dato che era un rudere in un deserto spinoso, senza acqua né elettricità, e la strada per arrivarci era spaventosa. Arthur stava cercando idee per location in Toscana, e mio marito gli parlò con entusiasmo dei panorami della Val d’Orcia, e gli disegnò una mappa della valle con le indicazioni per arrivarci sul retro di un biglietto da visita, che Arthur infilò nel portafoglio; e di cui si ricordò quando, sette anni dopo, con i tempi del cinema, arrivò a Chianciano per i sopralluoghi.
Lui e la troupe erano rimasti delusi da quella stazione termale piena di pensionati e anonimi edifici anni ’60, l’unico luogo nella zona dove si potesse alloggiare un carrozzone di gente come una troupe di Hollywood, e l’art director si era quasi dimenticato del consiglio ricevuto tanti anni prima – ma per fortuna il biglietto da visita di mio marito era ancora nel suo portafoglio, e così Arthur partì alla scoperta della vicina Val d’Orcia – e ne rimase incantato. Identificò il luogo dove voleva girare, e andò a parlare col proprietario del podere che aveva destato il suo interesse. Il contadino lo accolse con diffidenza estrema, dicendo che il cinema a lui non piaceva. Arthur dovette supplicarlo e alzare l’offerta economica, ma quando il proprietario sembrava quasi disposto a cedere, Arthur si accorse che c’era un’unica inquadratura possibile, data la presenza di una vicina fabbrica di mattoni. Quando stava cominciando a disperarsi – il regista Ridley Scott sarebbe arrivato l’indomani e la location doveva essere pronta -, gironzolando intorno al casale mentre aspettava il proprietario di ritorno dal campo, Arthur spinse un cancello arrugginito sul retro della casa e come per magia si ritrovò nel luogo che cercava, una casa antica, circondata di piante che nascondevano la vista della fabbrica, da cui la vista si apriva sul meraviglioso scenario della famosa sequenza finale del film, quella dei Campi Elisi.
Il secondo casale era disponibile, e il resto è storia.